I Signori della Guerra
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Su armature e periodi storici.

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Messaggio  Bieco Dom Set 19, 2010 4:46 pm

XIII-XIV Secolo.
Il cavaliere deve rinforzare la propria armatura per resistere al crescente pericolo determinato dalle balestre. Aggiungendo sopra la maglia di ferro una cotta di piastre spessa 2 mm, in ferro da munizione (qualità I), può aumentare di 70 J circa la resistenza contro le frecce e i dardi. Una freccia avrà bisogno di 200 J per infliggergli una ferita, il che è completamente fuori dalle capacità dell’arco lungo, ma può essere ancora possibile con un colpo a bruciapelo delle balestre da guerra più pesanti (200-250 J, per balestre da 1200-2000 libbre caricate con martinetti o sistemi a carrucola).
Ulteriori rinforzi sotto forma di piastre per braccia e stinchi in cuoio indurito, bronzo o ferro andranno a formare quell’armatura in maglia e piastre metalliche del Trecento, periodo di transizione tra l’usbergo e l’armatura bianca.
Cavalieri del ‘300
Cavalieri del Trecento: Italia Centrale, Germania e Catalogna

XV Secolo.
Un cavaliere equipaggiato con la protezione migliore disponibile indosserà un’armatura milanese, spessa 2 mm, arrotondata e fatta con acciaio a contenuto medio di carbonio (consideriamo qualità III, ma potrebbe essere anche stata indurita fino a qualità IV).
Una freccia avrà bisogno di 230 J per penetrarla e altri 50 J per superare l’imbottitura sottostante e causare una ferita: 280 J sono fuori dalle possibilità perfino delle balestre con archi in acciaio. L’armaiolo può dichiarare senza problemi che questa armatura è “a prova di balestra”. Un proiettile di grosso calibro avrà bisogno di quasi 1000 J per penetrarla, il che è nel limite dei cannoni maneschi più potenti usati dagli Hussiti. Il cavaliere è salvo, ma per poco.

Se la sua armatura fosse stata fabbricata nel Nord Europa, con acciai peggiori (qualità II), la protezione contro i proiettili sarebbe di circa 700 J il che lo metterebbe in pericolo nel caso dovesse incontrare cannoni maneschi a distanza ravvicinata. Un problema compatibile con quelli avuti dai cavalieri tedeschi nel corso della repressione dell’eresia Hussita sostenuta dal movimento taborita (1420-1434).

La maglia di ferro
Le armature di maglia sono formate da una serie di anelli di metallo uniti tra loro, di norma nella modalità 4-in-1 per cui ogni anello è collegato ad altri quattro. Gli anelli devono essere fabbricati e uniti uno per volta. Per ottenere gli anelli l’armaiolo deve partire dal ferro, tirarlo in un filo uniforme, avvolgerlo attorno a un cilindretto fino a formare una specie di solenoide e infine tagliare gli anelli usando un martello e uno scalpello con la punta larga abbastanza da tagliare agevolmente il filo.
Lavorando con le pinze bisogna poi aprire e chiudere i singoli anelli intrecciandoli tra loro, ma questo non è sufficiente: essendo già “rotti” sono facilmente suscettibili ad aprirsi di nuovo quando colpiti! L’armaiolo deve fabbricare dei piccoli chiodi (rivetti) con cui inchiodare tra loro le estremità degli anelli (appiattite a martellate per allargarle) in modo da tenerli chiusi.
Non è necessario che tutti gli anelli abbiano il loro chiodino: circa metà degli anelli in una maglia 4-in-1 possono essere saldati aumentando la robustezza della maglia ed evitando di dover fabbricare l’ennesimo rivetto minuscolo.


La maglia di ferro andava indossata sopra una apposita imbottitura chiamata aketon/gambeson/jack, ovvero una protezione formata da strati di lino sovrapposti allo scopo di ammortizzare i colpi che la maglia di ferro incassava.


La cotta di piastre
La cotta di piastre è formata da una serie di piastre di metallo montate su una base di tela o cuoio. Veniva utilizzata come armatura da sola, non esistendo ancora le corazze in acciaio, o sopra una cotta di maglia come ulteriore rinforzo al prezzo di un peso complessivo molto alto: 30 kg o forse perfino di più che ricadevano pesantemente sulle spalle!
Di queste armature e di quelle lamellari sono piene le fosse comuni della battaglia di Wisby (1361), non c’è altro da sapere di utile per ora.

L’armatura a piastre
Questa armatura è formata da una serie di piastre unite tra loro tramite rivetti e cinturini in modo da proteggere il proprietario e assieme garantire la massima mobilità. Possono essere arrotondate per deviare i colpi, come nelle armature alla milanese o spigolate, come nelle armature alla massimiliana, per offrire un pessimo angolo di impatto a gran parte dei colpi andati a segno.
I punti deboli, le giunture di ascelle e gomito ad esempio, possono essere protette da dischi mobili, da lamelle metalliche o da una veste imbottita sottostante dotata di inserzioni ad hoc in maglia di ferro.


Lo studioso Alan Williams ha calcolato che un’armatura alla milanese offre un angolo di impatto tipico di 30° gradi e un’armatura spigolata di 45° gradi. Una cotta di piastre, una maglia di ferro o un’armatura lamellare invece non hanno un design studiato per deviare i colpi e questo in parole povere significa che le armature a piastre sono perfino più efficaci di quanto il loro spessore farebbe immaginare.
Il colpo viene deviato non permettendo uno scarico perpendicolare ottimale del vettore forza. Come certamente ricorderete dalle regole di scomposizione di un vettore, l’energia perpendicolare potrà essere ottenuta dividendo l’energia complessiva per il coseno dell’angolo di impatto.
In tal modo un’armatura arrotondata è il 20% più resistente e una spigolata il 40%.

Lo spessore delle piastre dipendeva dalla locazione e dal periodo storico, dato che l’introduzione di armi da fuoco sempre più potenti ha costretto ad adottare piastre sempre più resistenti. In particolare la corazza pettorale e la parte frontale dell’elmo erano i più spessi, dovendo proteggere aree vitali, mentre braccia e gambe erano più leggeri.
Le armature non pesavano molto: tutti i set non “a prova di proiettile” del XV-XVI secolo hanno dichiarato pesi tra i 15 e i 26 kg. La qual cosa è anche dimostrabile teoricamente applicando la formula Mosteller del calcolo della superficie corporea a un uomo di 75 kg circa: con uno spessore in acciaio di 2 mm uniforme su tutto il corpo (incluso retro delle cosce, piante dei piedi, palmi delle mani e altri posti dove di norma non vi è armatura) si ottengo al massimo 35 kg.
Facendo un esempio reale: l’armatura di Valerio Corvino Zacchei, una bella armatura milanese da cavalleria del 1560 con elmo completo e grandi spallacci, conservata nell’Armeria Reale di Torino, pesa esattamente 26 kg.
Il peso era ben distribuito su tutto il corpo grazie a un sistema di incastri e cinturini, per cui risultava meno faticosa da indossare per periodi prolungati dell’usbergo in maglia di ferro che invece gravava integralmente sulle spalle.

Alan Williams fornisce alcuni spessori medi di corazze pettorali: le corazze del 1450-1500 sono spesse 2 mm; quelle del 1500-1550 variano dagli 1,3 mm ai 4 mm con una concentrazione maggiore nella fascia 2-2,5 mm; il periodo 1550-1600 mostra corazze spesse tra gli 1,2 mm e i 6 mm (con un’equa distribuzione nella fascia 1,5-4 mm); infine il periodo 1600-1650 alza il tetto massimo di spessore arrivando al record di 8 mm (con tutte le altre corazze da cavaliere tra i 4-7 mm e quelle da fanteria tra i 2-3 mm.



Non so quanto tutto ciò sia utile ma ho trovato queste informazioni e pensavo potesse essere gratificante condividere con voi tutti Twisted Evil
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Messaggio  Nicholas MacBrayne Lun Set 20, 2010 9:06 pm

A me piacerebbe realizzare il mio cosume da scozzese seguendo dei canoni storici, quindi se riesci ad avere qualche informazione a riguardo te ne sarei grato Sè.
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Messaggio  Caio Flavio Hostilio Mar Set 21, 2010 11:16 am

ragazzi questa è cultura ... Su armature e periodi storici. 76694
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